coronavirus amore

A cura dell’Avv. Teresa Politano

Effetto collaterale della pandemia che ci ha travolti è per la sottoscritta, notoriamente poco social, l’aumento delle ore trascorse su internet, alla ricerca di non si sa, poi bene, cosa.
Comprensibilmente la pagina di apertura di qualsivoglia browser pullula di notizie circa la natura e la diffusione del virus, gli errori nella gestione dell’emergenza, i modi di affrontare la conseguente crisi economica, l’impegno, a volte sino al sacrificio estremo di medici, paramedici, farmacisti, sacerdoti e forze dell’ordine.
E poi ci sono le tante storie degli ammalati, di quelli che hanno sconfitto il virus e di quelli che ne sono stati sopraffatti.

Elemento comune in tutte queste storie è la dolorosa solitudine (operatori sanitari a parte) nella quale le persone hanno combattuto la loro battaglia, la lontananza, proprio nel momento più difficile e doloroso dagli affetti più cari.

Questo pensiero mi ha riportato alla mente uno dei motivi che più ha inciso nell’emanazione della cd Legge Cirinnà, strumento normativo che dopo venti anni di tentativi (dai Pacs ai Dico), dopo diversi richiami giurisprudenziali, ha posto rimedio ad un vuoto normativo che ci differenziava dalla maggior parte dei paesi europei, relativamente al riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto e delle coppie omosessuali.

La legge n. 76/2016 ha introdotto la normativa sulle convivenze e nasce per l’esigenza di tutelare relazioni fattuali sempre più diffuse nel tessuto sociale e dunque sotto la spinta di una forte richiesta di predisposizione di tutele personali e familiari, quali ad esempio il diritto di assistere e prender le decisioni sanitarie per il partner di una coppia omo e/o eterosessuale che versi in condizioni da non poter scegliere autonomamente.

La legge Cirinnà, introducendo e riconoscendo le convivenze di fatto e le unioni civili (queste ultime relative alle persone dello stesso sesso) indica quali sono i diritti e gli obblighi di coloro che convivono pur non essendo sposati.
Secondo il comma 36° dell’art 1 della predetta legge conviventi di fatto sono “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale”, ma “non vincolate da rapporti di parentela, affinità, adozione, da matrimonio o da un’unione civile”

La coppia che presenti tutti i suddetti requisiti e che voglia risultare stabilmente convivente presenta all’ufficio anagrafe del Comune di residenza una dichiarazione nella quale attesta di coabitare e dimorare nello stesso Comune; a seguito della dichiarazione (e dei relativi accertamenti) la coppia viene riconosciuta legalmente con la conseguente possibilità di ottenere il certificato dello stato di famiglia attestante la loro ufficiale convivenza.

Pertanto ciascun convivente potrà:

  1. Visitare il partner in carcere;
  2. Visitare, assistere, aver accesso alle informazioni personali del partner in caso di malattia o ricovero del partner;
  3. Designare l’altro come legittimo rappresentante con poteri pieni in caso di malattia o morte;
  4. Nel caso di morte del proprietario dell’abitazione comune il convivente superstite può continuare a viverci per un periodo di due anni, o pari alla convivenza se superiore a due anni (mai più di sei anni); il diritto di abitazione è aumentato a tre anni se c’è un figlio minore o disabile;
  5. Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il suo/la sua convivente ha la
    facoltà di succedergli nel contratto;
  6. Essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno  nel caso in cui il convivente venga interdetto, inabilitato o dichiarato beneficiario di amministrazione di sostegno;
  7. Aver diritto al risarcimento del danno spettante al coniuge in caso di decesso del convivente;
  8. Avvalersi delle norme in tema di partecipazione alla gestione e agli utili dell’impresa famigliare.

Vi è infine possibilità per il giudice di stabilire il diritto del convivente a ricevere gli alimenti dall’altro in caso di cessazione del rapporto quando si provi che lo stesso non sia in grado di provvedere al suo mantenimento o versi in stato di bisogno

Invero il legislatore ha dettato un quadro essenziale di tutele, lasciando ai singoli di regolamentare gli aspetti patrimoniali della convivenza attraverso il cd contratto di convivenza. Argomento di cui si parlerà in un altro momento.

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