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A cura dell’Avv. Ferruccio Mariani

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha aggiunto all’ordinario obbligo di tutela dell’integrità fisica del prestatore di lavoro, e ai suoi corollari, obblighi ulteriori e ancor più stringenti per il datore di lavoro.

Il “protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus covid-19 negli ambienti di lavoro”, sottoscritto il 24 aprile fra il Governo e le parti sociali, stabilisce infatti regole sulle informazioni da fornire ai dipendenti, sulla gestione di ingressi e uscite dall’azienda, su pulizia e sanificazione degli ambienti, sulle precauzioni igieniche personali e i dispositivi di protezione individuale, sulla gestione degli spazi comuni, nonché sulla gestione di una persona sintomatica e sulla sorveglianza sanitaria.

A tutti questi obblighi corrispondo altrettante responsabilità nel caso in cui il datore di lavoro operi in violazione degli stessi. Egli è infatti passibile di sanzioni penali sia laddove trascuri gli obblighi precauzionali senza che per ciò stesso si verifichino degli infortuni (D.Lgs. n. 81/2008) sia nel caso in cui invece si realizzino ipotesi di contagio. È l’articolo 42 comma 2 del “Decreto Cura Italia” ad aver qualificato come “infortunio” l’infezione da Coronavirus che sia stata contratta in occasione di lavoro, schiudendo i profili penali della fattispecie. Il datore sarà allora esposto alla responsabilità penale per i reati di lesioni (art. 590 c.p.) e omicidio colposo (art. 589 c.p.), aggravati dalla violazione delle norme antinfortunistiche. Volendo estremizzare, nei casi di gravi violazioni delle regole cautelari (poniamo quello di una riapertura azzardata dell’attività quando ancora non si disponga dei presidi necessari), si potrebbe addirittura giungere ad una responsabilità dolosa, quantomeno nella forma del dolo eventuale.

Ciò che collega il contagio alla responsabilità penale del datore, cioè il nesso di causalità che giustificherebbe la punibilità, è che il contagio del lavoratore sia stato causato dall’inosservanza delle misure antinfortunistiche, dimostrazione tutt’altro che semplice e che, per chiarimento dello stesso Inail, comporta l’onere della prova a carico dell’assicurato. Soltanto per alcune categorie professionali ad elevato rischio, tra cui operatori sanitari, operatori dei front-office, cassieri e addetti alle vendite/banconisti, l’Inail ha introdotto una presunzione semplice di contagio, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico dei datori di lavoro.

La comunità scientifica non ha ancora sciolto ogni dubbio sulle modalità di contagio, i sistemi di contact tracing non sono in grado di ricostruire con sufficiente certezza le linee di diffusione del virus e quindi molte variabili possono inserirsi nel percorso dell’infezione; l’eventuale soluzione giurisprudenziale non sarebbe immediata e scontata, un’assistenza legale specializzata potrebbe rivelarsi decisiva per ottenere una giusta pronuncia.

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