A cura dell’Avv. Francesco Belcastro
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L’usucapione è mezzo di acquisto della proprietà «a titolo originario», nel senso che si può diventare proprietari di un bene senza bisogno di un atto di trasferimento da parte di un altro soggetto. Grazie all’usucapione, colui che per almeno 20 anni ha avuto il possesso di un bene altrui, cioè lo ha utilizzato come se fosse il proprio, alla luce del sole, senza subire azioni giudiziarie da parte del legittimo titolare (che si è disinteressato del bene) può essere riconosciuto quale nuovo proprietario. Affinché ciò avvenga è, tuttavia, necessario un ufficiale riconoscimento, che avviene con sentenza dichiarativa del giudice.
Per configurarsi una situazione di possesso idonea all’usucapione per la legge è indifferente che chi possiede il bene altrui sia consapevole di utilizzare qualcosa di cui non è proprietario, purché l’acquisto del possesso non sia avvenuto in modo violento o clandestino.
Altro requisito di legge è che il possessore si sia comportato, durante il termine necessario a usucapire, come se fosse il vero proprietario esorbitando i poteri del semplice possessore, adottando condotte a mezzo delle quali egli ha manifestato l’intenzione di diventare proprietario del bene (cd. Interversione del possesso). Ed è proprio dal momento in cui queste condotte si manifestano che iniziano a decorrere i termini per l’usucapione.
Si tratta di un concetto fondamentale, perché chi utilizza un immobile in prestito (ossia in comodato) o in locazione non acquisisce quel dato immobile per usucapione, neanche dopo 20 anni. Perché si possa formare l’usucapione, infatti, è necessario che l’utilizzatore smetta di sentirsi e di comportarsi come un soggetto “autorizzato” dal proprietario e inizi a porre in atto condotte che la legge riconosce solo al titolare del bene.
L’usucapione scatta quando decorrono dal primo atto di «interversione del possesso» 20 anni, ma in alcuni casi sono sufficienti anche 10 e, addirittura, in alcune particolari situazioni, potrebbero essere sufficienti appena 3 anni.
Il possesso deve essere esclusivo e indisturbato, oltre che continuo. Non ci devono essere state interruzioni superiori a un anno.
Per aversi usucapione, il proprietario effettivo del bene (che tale rimane fino a quando non arriva una sentenza del giudice dichiarativa dell’usucapione). deve disinteressarsi completamente della situazione che si è venuta a creare, lasciando che il bene venga utilizzato dall’altro soggetto e che questi, esorbitando i poteri (eventualmente) derivantigli da un qualche legame consentito (dal proprietario) con il bene, si comporti come proprietario effettivo.
Per stabilire se un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà è compiuta con l’altrui tolleranza si deve considerare la durata dell’attività di possesso, ma anche i rapporti (contrattuali, di parentela, di vicinato, di amicizia ecc.) tra proprietario e possessore.
Il proprietario può sempre rivendicare la proprietà del bene non in suo possesso e così impedire l’usucapione, ma per farlo non basta una semplice contestazione verbale o scritta, e non è sufficiente neppure una diffida dell’avvocato. È necessaria, invece, la notifica di un atto giudiziario, volto a riottenere il possesso del bene. Dalla notifica dell’atto, il termine dei 20 anni per l’usucapione si interrompe e inizia a decorrere nuovamente da capo.
Non si possono usucapire i beni demaniali dello Stato, e degli altri enti territoriali soggetti al regime dei beni demaniali, i beni indisponibili e gli edifici pubblici di culto.
L’istituto dell’usucapione è stato fin qui solo sommariamente delineato e semplificato ma non bisogna lasciarsi ingannare da questa (apparente) semplicità. Se si ritiene di aver usucapito un bene, ovvero, al contrario, se si è nella condizione di doversi tutelare dalle altrui pretese, è sempre fondamentale rivolgersi tempestivamente ad un professionista, per valutare attentamente le peculiarità del caso.
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