separazione

A cura dell’Avv. Teresa Politano

La Cassazione, dopo decenni di pronunce univoche, elimina il criterio del tenore di vita anche per l’assegno di mantenimento dopo la separazione.

Per come emerge dall’ordinanza della Suprema Corte n°26084 del 15 ottobre 2019 “la funzione dell’assegno non è più quella di realizzare un tendenziale ripristino del tenore di vita goduto da entrambi i coniugi nel corso del matrimonio ma invece quello di assicurare un contributo volto a consentire al coniuge richiedente il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare”.

In forza dell’orientamento delle sezioni unite è dunque irrilevante la richiesta di provare l’alto tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e la notevole consistenza del patrimonio del coniuge richiedente, dovendosi attribuire all’assegno, una funzione assistenziale e una funzione compensativa.

La Corte di Cassazione nel caso che analizza, in relazione alla misura dell’assegno rileva la conformità della sentenza di secondo grado alla giurisprudenza di legittimità e in particolare alla SU n. 18287/2018 per la quale l’assegno divorzile ha prima di tutto una funzione riequilibratrice del reddito degli ex coniugi che deve tenere conto del contributo fornito dall’ex coniuge più debole alla vita familiare.

Il richiamo alla predetta sentenza lungi dall’essere un mero lapsus è invece l’esplicazione di un nuovo orientamento che se applicato con rigore porterà a far riconoscere l’assegno di mantenimento in sede di separazione a coniugi, quasi sempre la moglie, che dimostrino di aver sacrificato le proprie potenzialità e capacità personali e lavorative a favore della famiglia e che con tale sacrificio abbiano contribuito in maniera rilevante a costituire il patrimonio familiare, creato di fatto con il solo lavoro (esterno) dell’altro coniuge.

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