coronavirus fallimento

A cura dell’Avv. Emma Marino

L’istanza di fallimento è l’atto con cui prende il via la procedura fallimentare nei confronti di un imprenditore, in presenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi (imprenditore commerciale, non piccolo, in stato di insolvenza), richiesti dagli artt. 1 e 5 del r.d. n. 267/1942 (Legge fallimentare).
La procedura può essere avviata solo su istanza dei soggetti indicati dall’art. 6 della L.F., ovvero il debitore, uno o più creditori e il pubblico ministero (nei casi indicati dall’art. 7 L.F.).
Il fallimento è escluso per gli enti pubblici e i piccoli imprenditori, ossia coloro che dimostrino di essere in possesso dei requisiti congiunti previsti dal secondo comma del novellato art. 1 L.F.
L’attuale emergenza derivante dall’epidemia di covid-19 ha bloccato anche i fallimenti, con la conseguente dichiarazione di improcedibilità dei Ricorsi per dichiarazione di fallimento presentati nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020. Il tutto, per come previsto dall’art. 10 del D.L. 8/04/2020, n. 23 (cd. Decreto Liquidità – in vigore dal 9/4/2020) rubricato “Disposizioni temporanee in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza”, ad eccezione dei ricorsi presentati dal pubblico ministero che siano accompagnati dalla richiesta di emissione dei provvedimenti cautelari o conservativi di cui all’art. 15, comma 8, l.f..
La ratio di quanto illustrato risiede in una duplice ragione: da un lato, sottrarre, per un periodo di tempo limitato, le imprese ai procedimenti finalizzati all’apertura del fallimento e di procedure anch’esse fondate sullo stato di insolvenza, a causa di fattori esogeni e straordinari, dall’altro bloccare un altrimenti crescente flusso di istanze che potrebbero intasare i tribunali in situazioni di emergenza.
Detto blocco si estende a tutte le ipotesi di ricorso e, quindi, anche ai ricorsi presentati dagli imprenditori in proprio, in modo da concedere anche a questi ultimi un lasso temporale in cui valutare con maggiore ponderazione la possibilità di ricorrere a strumenti alternativi alla soluzione della crisi di impresa senza essere esposti alle conseguenze civili e penali connesse a un aggravamento dello stato di insolvenza che in ogni caso sarebbe in gran parte da ricondursi a fattori esogeni.
Volendo ritenere corretto il tentativo di dissuadere i debitori in crisi dal presentare “istintive” o “disperate” istanze di fallimento in proprio, non si ritiene parimenti corretto impedire al debitore di richiedere il proprio fallimento, anche quando – come può certamente accadere – l’istanza di autofallimento sia oggettivamente la scelta più giusta, forse l’unica corretta per non aggravare ulteriormente il passivo e, magari, programmata da settimane.
Una previsione in tal senso non avrebbe comportato alcun rischio per la salute degli operatori del diritto e/o di coloro che lavorano negli uffici giudiziari, né tantomeno pericoli di dispersione frettolosa del patrimonio produttivo del soggetto debitore.
Di contro, il divieto di presentare istanze di autofallimento fino al 30 giugno – oltre a non dare alcun beneficio effettivo ai vari soggetti coinvolti – può arrecare un vero e proprio danno ai creditori e agli stakeholder. Si pensi, innanzitutto, a quei lavoratori (dipendenti della impresa debitrice fallenda) che non hanno percepito le retribuzioni e/o il TFR e che, anche grazie all’apertura del fallimento, possono – dopo l’ammissione al passivo del loro credito – farsi anticipare le somme dal Fondo di garanzia, costringendoli, invece, così, ad aspettare alcuni mesi in più senza alcun motivo plausibile.
Ed ancora, non sembra difficile prevedere un automatico aggravamento del passivo a causa del ritardo nell’apertura della procedura concorsuale: contratti inutili che proseguono e generano debiti evitabili (che probabilmente non verranno mai pagati), beni di terzi che continuano ad essere occupati forzatamente (da documenti e beni della debitrice) senza che il terzo possa beneficiare della prededuzione (legata all’apertura della procedura), interessi che maturano, ecc.
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